30.12.13

OPPRESSI LAVORIERI

Da quando, nella mia giovinezza politicizzata, ho scoperto questa straordinaria pagina della storia del movimento operaio della mia gente, della Media Valle del Liri – Isola del Liri Arpino Sora – ho riflettuto intensamente sul suo significato nel contesto di condizioni di vita socio-economica culturale religiosa. E l’avrò pertanto riletta decine e decine di volte, citandola con passione ogni volta che mi si è offerta l’opportunità.


Oppressi lavorieri! Mi commuove come un grido di dolore e un appello all’unione e alla solidarietà. ‘Quelli di Isola hanno jettato alla cascata le macchine, anno fatto cosa santissima…’. Il manifesto trae dunque spunto da un episodio storico di ‘ luddismo’ in una congiuntura economica di difficoltà per l’industria tessile. Ma fa riflettere la circostanza che l’evento di rivolta è messo in atto da ‘ quelli di Isola’, evidentemente più pronti alla lotta. Ma il manifesto è scritto dagli arpinati, probabilmente meglio alfabetizzati, per la presenza di scuole e del Liceo classico Tulliano. E quindi l’evocazione delle condizioni di sofferenza ‘…perché i patroni delle fabbriche tievene nu lavorieri come a i servi…schiavi…come a i asini’. E quindi uno scatto di consapevole dignità: ‘…i uomini so tutti uguali, Dio ce ha creati uguali, essi infami ci arrobbano, ce usurpano le sangue nostro…e chisti infami e chisti operatori di iniquità sono magnotte che mai non se saziano di sucarice lo sangue!’. E infine il lamento da una ferita dolente, che sgorga dai più profondi sentimenti affettivi violati e dalla sacralità infranta dell’orgoglio e dell’onore famigliare: ‘Ci frecano le moglie e le sorelle’.

Nella seconda parte il Manifesto sembra mutare di tono e di apertura alla speranza. Appellandosi a invocazioni consolatorie. Come l’evocazione della memoria dei Grandi Antenati, che costituiscono sempre un vanto ed una risorsa per il popolo umiliato e sofferente: “ Eh ricordiamoci na vota che semo della patria di Cicerone reprubbricano, e di Mario nimicho de i oppressori de i poveri “. E si auspica che possa ‘…succedere nautro raggruglio alla Talia, alla Lumpardia ‘ . Foriero finalmente di giustizia per i poveri.
La conclusione investe un’amara rampogna verso chi tradisce clamorosamente la povera gente: “ Essi Preti Farisei Scribi, invece di predicare la vera legge di Cristo…invece di predicare gli amori de i prossimo…ce rompono i coglioni. “ Si evidenzia pertanto l’incontro tra la profonda ‘infallibile ‘ anima cristiana dei lavoratori assetati di giustizia e l’antica tradizione della Chiesa profetica – come non pensare a Domenico di Sora? -. Nella realtà ecclesiale post tridentina del Vescovo Montieri, troppo ossequiente al lealismo borbonico, che avrebbe avuto fra qualche decennio l’antimoderno Syllabus errorum ( 1864 ), siamo ancora lontani dalla innovatrice Enciclica Rerum Novarum ( 1891 ) con il seguito dello straordinario Concilio Vaticano II ( 1965 ). E finalmente di PAPA FRANCESCO, che quotidianamente restituisce la Chiesa al Popolo di Dio “ in cammino “ . Mi pare certo che furono proprio i Preti Farisei Scribi a indurre il movimento operaio – per esigenze di autodifesa – a scegliere la militanza socialista, senza mai abiurare all’ antica autentica Fede Cristiana, custodita nel sacrario inviolabile della coscienza.

* Isola del Liri 25 Dicembre 2013. Il Commento e l'Analisi critico - strutturale del Prof. Egidio Paolucci.

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