24.2.17

L'Intervista FRANCESCO "CICO" DE MARCHI LA PASSIONE PER IL ROCK E METAL

E’ l’ultimo arrivato in casa Biosì Indexa Sora, ma non certo l’ultimo degli sconosciuti. Parliamo di Francesco “Cico” De Marchi, schiacciatore classe ’86 con un passato che canta vittorie acclarate e suona fame di nuove avventure. 193 cm di altezza, nato e scresciuto ad Agna, in provincia di Padova, Francesco vanta un curriculum che lo ha visto protagonista non solo nei campionati italiani di A1 e A2, ma anche in massima serie all’estero, in Francia al Rennes e in Germania a Berlino. Venuto su con l’ammirazione per Samuele Papi e la passione per il metal, in questo periodo si sta distinguendo tra le fila volsche per determinazione, caparbietà, capacità e serietà professionale, mettendosi in luce soprattutto nelle ultime partite dove è sceso in campo titolare.
Chi è Francesco “Cico” De Marchi?
“Francesco De Marchi è una persona semplice, che ama divertirsi come tutti, ma avendo sempre la testa sulle spalle. Si impara sempre dagli errori del passato e ad oggi  sono attento a non ripeterli più”.
Come nasce il soprannome “Cico”?
“Il mio soprannome è nato quando ho iniziato a giocare a pallavolo a Treviso. Avevo 16 o 17 anni e subito mi hanno catapultato in prima squadra e lì c’erano i vari campioni come Bernardi, Gravina, Vermiglio, Cisolla, Fei ed è stato proprio quest’ultimo a darmi questo nomignolo perché inizialmente mi chiamava “ragazzo” perché ero il più giovane di tutti. Una mattina venne e mi disse che il soprannome “ragazzo” gli sembrava un po’ triste e che avrebbe voluto cercare qualcosa di più internazionale, ma semplice, e lì fu coniato “Cico””.
Come ti sei appassionato al volley, come hai iniziato?
“Mi sono appassionato alla pallavolo dopo un torneo scolastico, quando andai a fare il provino appunto a Treviso. Fui scelto durante questa competizione, nonostante ai quei tempi fossi ovviamente ancora grezzo nei gesti tecnici, ma i vari allenatori presenti videro qualcosa in me; chiesero così a mio padre se avessi voluto fare quindi una prova. Io giocavo ancora a calcio e non volevo smettere, ma il giorno che arrivai a fare il provino in palestra c’era la serie A e vidi Papi, sicuramente più “piccolo” della media, allenarsi con questi giganti di 2m, che saltava un sacco e tirava forte. Proprio guardando lui, che era alto come me, mi venne la voglia di provarci: iniziai a scaricare foto, vedere video e partite in tv, a studiarlo, fino a quando il mio sogno si è realizzato. Ed infatti, in molti mi dicono che in alcuni gesti ci somigliamo parecchio”.
Racconta un episodio pallavolistico che ti sta particolarmente a cuore.
“Ne ho vissuti tanti, dai vari campionati vinti…In quattro anni di A2 ho vinto 3 campionati e ho disputato due Coppa Italia. In A1 anche ho fatto buone cose, nel 2012 sono arrivato anche in nazionale e mi sono giocato un posto per Londra proprio con Papi; due anni fa, però, forse il ricordo più bello e cioè la Champions League con Berlino con il terzo posto conquistato ed io che ho messo a terra l’ultimo pallone, o anche lo scudetto, la Coppa di Germania o quella Europea sempre dello scorso anno, ma la Champions resta l’episodio più emozionante”.
Come ti trovi a Sora e con quali compagni hai legato di più?
“Mi trovo molto bene, non posso dire il contrario. Sono qui da circa tre mesi e ringrazio la società per avermi dato l’opportunità di rimettermi in discussione dopo l’infortunio. Mi trovo molto bene con tutti i compagni, in primis con Mattia, con il quale ci conosciamo da giovani, abbiamo fatto tutto il percorso di nazionale insieme, abbiamo giocato nello stesso club per qualche anno. Anche con Sveto ho giocato a Verona e dunque ci conoscevamo già, con Sperandio e Tiozzo condividiamo la provenienza e spesso parliamo tra di noi in veneto, ma comunque ho legato davvero un po’ con tutti”.
Come ti vedi da qui a cinque anni?
“Innanzitutto mi auguro di giocare ancora; sicuramente sarò più maturo e cercherò sicuramente di lasciare qualche traccia buona di me”.
Sei superstizioso, hai qualche portafortuna?
“No, questo genere di cose non mi appartiene, non ci credo. Non amo fare la classica routine quotidiana prima di una partita o di un allenamento, mi farebbe impazzire, io amo vivere alla giornata. L’unica cosa che faccio è ascoltare prima di ogni training e di un match della musica metal”.
Hobby e passioni.
“Come ti dicevo prima la musica è una delle mie più grandi passioni, ascolto rock e metal. Suono la batteria ed infatti a casa ne ho due e con gli amici del mio paese abbiamo creato una sala prove, dove ho lasciato una delle due e grazie ad uno dei miei migliori amici, Dario, ho reso possibile il fatto di dare lezioni ai ragazzi della nostra città nonché prenderne io quando sono a casa”.
Se non avessi fatto il pallavolista, cosa avresti fatto?
“Sicuramente non avrei abbandonato il calcio, magari avrei fatto motocross, per via dell’adrenalina, delle emozioni che ti da quel tipo di attività. Ma sicuramente il mio più grande sogno sarebbe stato essere un musicista a tutti gli effetti, una rockstar”.
Un pregio e un difetto di Cico.
“Credo che il mio più grande difetto sia essere pignolo: se una cosa non è fatta come dico io, posso essere molto scocciante. Sono fissato con l’ordine, la pulizia e che le cose funzionino come dico io. Una qualità credo che sia sicuramente la mia bontà: so sopportare tante cose, situazioni, persone”.
Hai un motto?
“Si, una frase che mi ha detto Lorenzo Bernardi: “Non aver paura di aver coraggio”. Io rischio sempre, ma almeno so di averci messo il cuore, la faccia e tutto quello che potevo dare”.
Cosa cambieresti di te?
“Forse cambierei un pochino la mia testardaggine: a volte mi impunto troppo su cose che magari potrei farmi scivolare addosso. Comunque ci convivo da 30 anni, fa parte di me e vedo che alle persone care non dispiace…dunque me la tengo così!”.
Cosa pensi della pallavolo attuale?
“Visto che è la mia professione ed è anche un gioco, non posso che dire che la cosa più bella del mondo è lavorare giocando! Il livello qui in Italia è sempre molto alto e per forza di cose devi dare sempre il 100% per non restare indietro. Ci sono molti giovani che stanno entrando nel nostro campionato e sono davvero forti e fanno presagire un futuro certamente d’oro per il volley azzurro”.
Cosa farai quando smetterai di giocare?
“Sicuramente non allenerò, non fa per me ripetere ogni giorno gli stessi gesti, perderei la pazienza e invecchierei molto prima. Credo di restare nell’ambito sportivo, magari come personal trainer”.
 
* Cristina Lucarelli

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